Quando si accende la luce della comprensione
Dal diario di una relazione d’aiuto:
“Sono nel pieno di una sessione, la persona che ho di fronte è nel flusso dei propri pensieri, un po’ smarrita ma al sicuro, perché certa di essere in un luogo protetto. Ad un certo punto capisco qual è la domanda da porre, quella che produrrà l’effetto che cercavo, quella potente, la pongo ed il cliente si ferma davanti ad una rivelazione che è lui stesso a scoprire… in quell’istante assisto alla magia del cambiamento”.
Provo emozione, ogni volta che assisto al momento della comprensione. Quella luce che si accende negli occhi di chi si aiuta è unica e meravigliosa. Amo guardarla fino a che illumina il suo volto.
“Ho capito”, è la frase che segue, in seguito aggiungere altro può essere persino superfluo. Il cliente da quel momento è libero di entrare dentro se stesso e scoprire ciò che fino a pochi istanti prima era accartocciato come un foglio di carta nel quale c’erano le risposte, ma impossibili da leggere.
Il compito del professionista è stato appunto spiegare, ovvero, togliere le pieghe a quel foglio.
Il potere della domanda evocativa è qualcosa di straordinario, l’arte di porla si affina con lo studio della tecnica e con la ricerca della propria sensibilità all’ascolto. Ci vuole tempo per imparare, esercizio e supervisione sono, in seguito, ingredienti fondamentali.
Purtroppo molti credono che per diventare capaci bastino pochi mesi di formazione e qualche tecnica. Nulla di più sbagliato.
La ricerca dell’equilibrio, dell’armonia con ciò che ci circonda, aiutare gli altri, credo siano tra le più ricorrenti motivazioni che spingono molte persone a questo meraviglioso lavoro che è la relazione d’aiuto, professione di cui è necessario avere un grande rispetto.
La relazione d’aiuto può avvenire attraverso il Coaching, riguardo obiettivi da raggiungere, oppure attraverso il Counseling, rispetto la crescita personale, il fine è lo stesso: l’evoluzione, ovvero, uno scopo sacro.
Noi che vogliamo aiutare abbiamo il dovere di essere non solo ben preparati, ma anche di aver lavorato su noi stessi, di continuare a farlo, ed avere un supervisore che ci aiuti nel tempo a capire dove migliorare.
In mancanza di tutto ciò l’ego non attende a farsi vedere, accade semplicemente perché funzioniamo così!
L’effetto Dunning Kruger arriva anche per chi ha imparato qualcosa e pensa che ormai sia sufficiente per dirsi dispensato dal continuare la propria formazione, sentendosi ormai arrivato.
La ricerca della verità avviene attraverso la conoscenza, che tuttavia non si raggiunge mai nella sua pienezza.
Quello che possiamo fare è quindi continuare nella formazione in modo permanente; oltretutto, è anche una pratica per mantenersi giovani.
Come recita un antico proverbio africano:
“Si inizia ad invecchiare quando si smette di imparare”.
Andrea Di Gregorio
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